Questa continua menzogna non è volta a far credere al popolo una bugia, ma a far sì che nessuno creda più a niente.
Un popolo che non sa più distinguere tra verità e menzogna non può distinguere tra giusto e sbagliato. E un popolo del genere, privato del potere di pensare, è, senza saperlo e volerlo, completamente sottoposto alla norma di bugie. Con un popolo così puoi fare tutto quello che vuoi.
(Hannah Arendt, La banalità del Male)
La coscienza di sé e del proprio valore, la consapevolezza della propria irripetibile identità, una salda certezza nell’esistenza di una scintilla spirituale che permea la vita di tutti gli esseri viventi, per loro natura fratelli, è probabilmente l’unica difesa possibile dal male. E il Male è sempre assenza di visione spirituale.
Ogni volta che dimentichiamo la nostra vera identità, il nostro scopo esistenziale, e restringiamo le nostre prospettive fino ad identificarci completamente con un lavoro, con un corpo, con un conto corrente, con una relazione, entriamo nella dipendenza, nel soggettivismo, nella tossicità, nella prigionia della mente, e apriamo le porte al Male.
Finiamo con l’attirare persone e situazioni malsane e cadiamo sempre più nei vortici della Paura e dell’Illusione.
Si è scritto molto sulla guerra. Da Omero a Tolstoj, da Hemingway a Neruda, da Ungaretti a Quasimodo, i più grandi autori hanno analizzato il fenomeno sotto tutti i punti di vista: sociale, politico, umano, psicologico.
Eppure facciamo ancora tanta fatica ad abbandonare la logica di causa-effetto nel comprendere i conflitti tra gli stati, i genocidi, i disastri ambientali, le tragedie in mare dei migranti clandestini e le tante difficili emergenze del pianeta. Forse occorre un occhio diverso, uno sguardo, per così dire, più “circolare”.
Non riusciamo a collegare facilmente le situazioni tra loro, a percepirci parte di un Tutto, a realizzare la fondamentale e continua interazione tra dentro e fuori, tra noi e gli altri.
Non comprendiamo che la nostra salvezza dipende dalla salvezza altrui e che la salvezza altrui non può prescindere dalla nostra. Non vediamo le cose per come sono ma solo come proiezioni dei nostri pensieri.
Tratto da: L’Ultima Dea – Oltre i confini della Memoria di Caterina Carloni
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