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“Un vecchio che muore è una biblioteca che brucia” – recita un proverbio africano.
Che la si consideri una beffa della vita oppure l’inevitabile ultima tappa del ciclo dell’esistenza; che sia vissuta come un’ingiustizia oppure come una liberazione, che sia un periodo di preparazione ad un nuovo sconosciuto approdo o che trascini con sé sentimenti di incompiutezza e di rammarico, la vecchiaia da sempre ha ispirato bellissime composizioni musicali, pittoriche e poetiche.
Ne ho scelte tre. La prima è una poesia attribuita erroneamente a Pirandello ma in realtà è del poeta Antonino Massimo Rugolo, contenuta nella raccolta “Sulle ali della tenerezza” del 2007. Si intitola “L’amore guardò il tempo e rise”.
La seconda è un’opera senza tempo di Michelangelo, la Sibilla Cumana, il cui mito racconta di una fanciulla che chiede al dio Apollo l’immortalità ma si dimentica di chiedergli la giovinezza.
Autore | Michelangelo Buonarroti |
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Data | 1511 circa |
Tecnica | affresco |
Dimensioni | 375×380 cm |
Ubicazione | Cappella Sistina, Musei Vaticani, Città del Vaticano (Roma) |
E poi la musica. “Occhiali a misurar le gocce per una malattia difficile da dire” – cantava molti anni fa Claudio Baglioni in una struggente canzone intitolata “I vecchi”, sempre bella da riascoltare.
Una sottile, intensa, profonda verità sulla vecchiaia trovo che l’abbia intuita Oscar Wilde: “La tragedia della vecchiaia non è l’essere vecchi, ma l’essere giovani”.
(Oscar Wilde, Il ritratto di Dorian Gray)
Personalmente, credo che le persone con un lungo passato alle spalle siano un tesoro inestimabile per tutti e che dovremmo omaggiare, tutelare e rispettare tutti coloro che conservano la nostra storia, la nostra memoria, le nostre radici. Non ho mai conosciuto nessuno, come una persona anziana, capace di mettere tanto sentimento ed emozione nel raccontare la vita. E “La vita” – diceva Marquez – “non è quella che si è vissuta, ma quella che raccontiamo, così come la ricordiamo”.
Caterina Carloni